Tariffe hotel, cosa fare col caro bollette

Il caro bollette ha mandato nel panico gestori d’hotel, albergatori e property manager, tutti si domandano cosa fare con le tariffe, se aumentarle e di quanto.

le tariffe luce e gas volano

Da nord a sud si contano i danni, proprietari, gestori e associazioni di categoria lamentano aumenti dal 100 al 200% rispetto alla passata stagione.

Le bollette di luce e gas soprattutto hanno fatto registrare rincari notevoli spingendo molte strutture a valutare l’opportunità di chiudere i battenti nelle basse stagioni.

l’effetto reale sui costi

Come se non bastassero gli aumenti diretti dei costi energetici, l’onda lunga del caro bollette ha colpito anche attraverso gli aumenti dei prezzi delle materie prime e delle tariffe dei servizi.

Dai costi di lavanderia ai prodotti alimentari infatti, buona parte dei fornitori non hanno tardato ad adeguare le proprie tariffe per l’aumento dei costi di produzione.

Ma quanto incide realmente l’aumento sul totale dei costi? Dipende ovviamente, ma difficilmente i costi di luce e gas scendono al di sotto del 10-15% dei costi operativi di esercizio.

Alla luce di questi numeri appare difficile immaginare uno scenario in cui questi costi raddoppino o triplichino che sia finanziariamente sostenibile a medio termine.

le promesse di Draghi per le imprese

Il governo intanto promette lo stanziamento di nuovi fondi per ridurre l’impatto del caro bollette per famiglie e imprese. 

Draghi parla di misure straordinarie per le aziende “energivore” e di sostegni per le famiglie ma al momento non si sanno ancora quando o come questi sostegni potranno essere disponibili.

Nel frattempo però le strutture fanno fronte a bollette da capogiro e lo scoppiare del conflitto in Ucraina getta un’ombra ulteriore sulla disponibilità di energia per il prossimo futuro.

Gli effetti sulla domanda interna

Gli aumenti che hanno colpito solo le attività produttive, ovviamente, riguardano anche le famiglie che di fatto vedono assottigliarsi il proprio potere d’acquisto.

Se da una parte perciò la soluzione più ovvia per il turismo sembrerebbe quella di seguire gli aumenti tariffari degli altri settori, dall’altra c’è il timore che questo “impoverimento” temporaneo delle famiglie possa avere effetto negativo sulla domanda per la prossima stagione estiva.

Se così fosse infatti, verrebbero meno i presupposti per sostenere un aumento tariffario privo di rischi.

Gli scenari internazionali

Con il covid in fase recessiva, il comparto turistico ha iniziato il 2022 con cauto ottimismo e soprattutto chi ha sofferto il calo del turismo internazionale ha cominciato finalmente a vedere la luce in fondo al tunnel.

Purtroppo però gli effetti del conflitto in Europa combinati con quelli del caro energetico rischiano davvero di far saltare i piani di un’estate che sembrava essere all’insegna del ritorno degli stranieri.

Se in Ucraina si dovesse trovare in tempi brevi una soluzione diplomatica, tale da consentire il ritorno alla normalità sul piano internazionale entro il mese di marzo, lo scenario di ripresa forte e immediata potrebbe ancora essere possibile.

Se le tensioni invece dovessero prolungarsi ancora per settimane, trascinando l’Europa in un clima di paura e mettendo a dura prova i mercati e le risorse di molti paesi come l’Italia, le aspettative per la prossima stagione potrebbero uscirne quantomeno ridimensionate.

Aumentare i prezzi ha senso?

Tra gli addetti ai lavori ci sono comprensibilmente preoccupazione ed incertezza. 

Se prima del conflitto la maggioranza dei gestori di hotel e B&B era dell’idea di aumentare le tariffe per compensare l’aumento dei costi di esercizio, adesso si teme giustamente che questa soluzione possa non essere sufficiente a garantire gli effetti positivi sulla marginalità che il settore si auspica.

Già perché l’aumento dei costi che il caro bollette ha innescato, se non compensato da un aumento proporzionale di tariffe e fatturato, va ad erodere in tutto o in parte il margine di ricavo.

Se quindi al momento cruciale la domanda risultasse indebolita nel potere di acquisto, tanto da non sostenere un aumento delle tariffe alberghiere senza perdere conseguentemente di volume, ci troveremmo di fronte ad un grosso problema.

Se infatti per una struttura l’aumento del prezzo medio dovesse comportare un certo calo di occupazione, rischieremmo di ottenere comunque un fatturato complessivo non tanto superiore all’anno precedente da compensare l’aumento dei costi di esercizio che, ricordo, saranno in quota parte legati (costi variabili) o non legati (costi fissi) all’occupazione. 

Cosa fare?

L’obiettivo è uno solo, aumentare il fatturato complessivo senza aumentare i costi per compensare la perdita di marginalità che l’aumento della spesa di esercizio ha provocato (vero nocciolo del problema).

Per fare ciò, aumentare semplicemente il prezzo di partenza non basta, ma occorre garantirsi una combinazione di occupazione e prezzo medio adeguati (in una parola RevPAR) e quindi una domanda consistente.

Ma se il prezzo di partenza è a nostra discrezione, la consistenza della domanda non lo è altrettanto e un aumento tariffario rispetto al passato non la rinforzerà di certo, anzi.

La soluzione pratica è una, procurarsi un livello di domanda migliore del passato, diversamente non avrete spazio per ottenere risultati migliori a meno che non abbiate lavorato male prima.

Nello scenario odierno credo che incrementare il budget di marketing in vista dell’estate sia una scelta non sufficiente ma necessaria a creare i giusti presupposti per poter gestire le vendite in ottica di aumento della marginalità.

Un buon piano marketing può aiutare ad aumentare la marginalità non solo aumentando la domanda, ma anche riducendo i costi di intermediazione attraverso strategie ad alto ritorno economico come ad esempio la brand protection.

Diversamente saremo inevitabilmente in balia del mercato e non avremo alcuna garanzia di successo.

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